World Press Photo 2019 - intervista a Sanne Schim van der Loeff

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Autrice: Giulia Mozzini
www.giuliamozzini.com

World Press Foundation organizza, dal 1955, il principale premio fotogiornalistico a livello mondiale. Qual è stata l’evoluzione del premio e le sue principali tappe?

La fondazione è stata creata nel 1955 da un gruppo di fotogiornalisti che volevano semplicemente confrontare il loro lavoro con quello degli altri. Hanno preso spunto dal premio fotogiornalistico che già avevano nei Paesi Bassi e si sono chiesti come portarlo sul fronte internazionale. Questo fu l'inizio e penso che il primo anno furono inviate solo 300 fotografie. Negli anni scorsi fino ad arrivare ad oggi, il premio si è evoluto ed è cresciuto esponenzialmente: quest'anno sono state spedite 80000 fotografie da meno di 5000 fotografi provenienti da 120 Paesi. Per arrivare a questo riconoscimento e a questa professionalità ci sono voluti 65 anni. Credo che ciò sia dovuto alla nostra politica e ai nostri principi, che sono rimasti sempre gli stessi: condividere il grande Fotogiornalismo con un pubblico internazionale. Tutto questo è il Premio. Ora, 11 anni fa abbiamo realizzato che gli strumenti di comunicazione mediatica stavano cambiando in tutto il mondo e il fotogiornalismo non era più l'unico modo in cui raccontiamo storie, così abbiamo deciso di introdurre il Digital Storytelling contest, un concorso che si focalizza su questo tipo di narrazione non lineare: cerchiamo modi innovativi di raccontare storie con lo storytelling e il fotogiornalismo visivi che mantengono sempre le caratteristiche della narrazione fotografica, ma con un modo creativo, sperimentale e innovativo di sviscerare il racconto.

 

Dal 2011, è stato organizzato un concorso separato per quanto riguarda la parte multimedia seguendo sempre la filosofia del WPP. Questa parte, oltre a Milano, viene poi distribuita in mostra in altre sedi?

Abbiamo il Digital Storytelling contest che diventa anch'esso una mostra itinerante, non nello stesso modo in cui lo diventa il premio puramente fotogiornalistico. Il World Press Photo ha 65 anni di storia alle spalle e creare questa nuova piattaforma sul Digital Storytelling richiede anch'essa tempo per essere elaborata. Su base annua, attualmente il Digital Storytellig contest è distribuito in 212 città, come Amsterdam, Santiago, Barcellona. Tuttavia, richiede tempo per raggiungere la stessa ricchezza e completezza del Premio Fotogiornalistico.

 

La scelta della giuria come avviene?

Di base, noi vogliamo avere una giuria il più possibile diversificata e globalmente rappresentativa. Nel nome “World Press Photo”, WORLD deve trovare riscontro nella realtà. Ogni anno, internamente, analizziamo chi siano le figure più importanti e influenti al momento, chi noi pensiamo possa emettere un giudizio indipendente ed esperto su quale sia il miglior fotogiornalismo in questo momento. Iniziamo a cercare e ad approcciare gli esperti chiedendogli di collaborare con noi. Per noi è sempre molto importante avere persone con opinioni, esperienze, lavori e backgrounds differenti, perchè se hai cultura e conoscenza visive differenti puoi anche avvalorare , con questa diversità e questa differente prospettiva, la selezione dei vincitori.

Abbiamo una giuria generale composta da 7 membri e vogliamo che tutti abbiano un diverso percorso e che esprimano pareri differenti, perchè solo così si può arrivare ad avere un punto di vista comune e realmente consapevole sul perchè quello sia il lavoro migliore.
 

 

Il numero di lavori presentati al WPP, ormai supera le 78 mila immagini proposte da oltre 4.700 fotografi. Come si fa a gestire una giuria con un numero così elevato di partecipanti?

Come ho detto, abbiamo tantissime categorie nel premio fotogiornalistico. La giuria ha due settimane per decretare il vincitore, analizzando tutte le immagini. La maggior parte del tempo viene trascorso in una stanza buia e fredda, questo perchè, se non c'è freddo, i giudici tendono a stancarsi, annoiarsi e addormentarsi. C'è uno schermo molto grande e gli occhi di tutti sono puntati lì. E' davvero molto intenso, la giuria ama fare il proprio lavoro ma è un lavoro veramente stancante perchè nella prima scrematura, cioè durante il primo processo di selezione, guardano un'immagine ogni 2 o 3 secondi e così vanno avanti per tutto il tempo, velocemente. Cerchiamo di evitare che ci siano dialoghi di coppia o conversazioni che coinvolgano pochi membri: vogliamo che il focus sia sempre su una discussione di gruppo: ognuno ha bisogno di ascoltare il parere dell'altro. E' un processo molto intenso. Abbiamo un comitato interno che si deve attenere a delle regole severe su come gestire ognuna delle 80 scremature e abbiamo un segretario. Il Segretario non è un membro della giuria e non fa nemmeno parte dell'organizzazione, il suo ruolo è quello di accertarsi e verificare che tutte le regole vengano seguite nella maniera corretta. Abbiamo molteplici modi di accertarci che tutti siano concentrati, che stiano lavorando secondo le regole e gli accordi. Tutto questo è molto importante, vogliamo che il pubblico si fidi di ciò che vede. Nell'ultimo round di scrematura entrano in gioco due esperti che controllano tutte le immagini dai loro files originali: vogliamo essere sicuri al 100% che nessuna di queste fotografie, in questa mostra, sia stata manipolata. Con manipolazione s'intendono quel processo che preveda aggiungere o sottrarre qualcosa dall'immagine originale. Vogliamo essere in grado, alla fine, di garantire al nostro pubblico che queste immagini siano fedeli.

 

In quanto temo viene effettuato questo lavoro di selezione e scrematura?

Tutto il processo richiede circa 3 settimane, con turni di più di 8 ore di lavoro.

 

Esiste un rapporto continuativo tra il WPP e i vincitori del premio degli anni passati oppure la stretta relazione si ha per l’anno in corso?

Penso che, per ogni anno, la nostra relazione con i vincitori sia molto stretta. Questo perchè quando diventano conosciuti e la mostra inizia a girare per i vari Paesi, gli autori vengono spesso invitati alle inaugurazioni e le persone vogliono parlare con loro, non solo con il vincitore dell'edizione dell'anno ma anche con tutti gli altri. Ogni anno, tutti i vincitori esposti in questa mostra sono quelli di cui si parla di più; allo stesso tempo guardiamo le immagini vincitrici e pensiamo a cosa vogliano dire in questo istante, cerchiamo di contestualizzare queste fotografie perciò chiacchieriamo con gli autori, li rivediamo ancora per capire meglio e riassegnare le immagini al loro contesto.

 

Può accadere che un partecipante al Premio diventi poi membro della giuria?

Sì, assolutamente. Abbiamo avuto un'esperienza con un fotografo di paesaggio naturalistico un paio d'anni fa, che vinse così tante volte che decidemmo di ammetterlo alla giuria. Questo perchè non cerchiamo solo critici e curatori che giudichino e discutano i lavori, ma anche fotografi. Un fotografo sudafricano che vinse l'anno scorso ed era presenta in questa mostra, quest'anno è stato parte della giuria.

 

WPP Foundation organizza una serie di Masterclass per giovani fotografi a secondo del continente in cui si trovano. Come è nata questa idea e come si sta sviluppando negli ultimi anni?

Per gli scorsi 25 anni noi avevamo una masterclass ad Amsterdam, chiamata Joop Swart. E' molto conosciuta, per molti fotografi è un grande passo nel mondo del fotogiornalismo. A un certo punto abbiamo realizzato che realizzarla solo ad Amsterdam era riduttivo: abbiamo fotografi da tutto il mondo che vi prendono parte. Tuttavia, abbiamo anche dei limiti su ciò che possiamo realizzare. Quello che volevamo fare, conoscendo la cultura visiva e la competenza visuale nelle diverse parti del mondo, era ricreare questa masterclass in altri Paesi. Crediamo comunque di non dover essere semplicemente quelli che insegnano alle persone che cosa significhi fare una buona foto o quali codici di narrazione visivi siano importanti: abbiamo iniziato con il Sud America e in due aree dell'Africa Subsahariana e abbiamo incontrato fotografi locali che insegnano con le loro competenza e il loro modo di vedere. Abbiamo provato a non imporci come Organizzazione olandese con la nostra conoscenza e a non sovrastarli con la nostra prospettiva ma, al contrario, li abbiamo incoraggiati a ottenere il meglio dalla loro genuinità. E' un processo ancora in corso, l'ultima masterclass è stata nel 2018 e stiamo pianificando di organizzarne ancora: è parte di un progetto a lungo termine.

 

Ogni anno si ha una modifica o un ampliamento delle categorie del premio. Come vengono definite queste?

Ogni anno valutiamo le scelte che abbiamo fatto per il concorso: perchè abbiamo scelto questa categoria, come la definiamo; questo perchè la fotografia continua a cambiare, ogni volta. Il miglior esempio per capirlo è l'introduzione della categoria “Ambiente” lo scorso anno. La ragione che ci ha spinti a farlo è che abbiamo notato che i fotografi naturalisti si stavano focalizzando su un tema più ampio, fotografando non più solamente la natura di per sé e le sue forme ma anche la relazione tra l'uomo e la natura. Volevamo valorizzare l'importanza di questo aspetto perchè i fotografi ci stavano dicendo che questo era un problema centrale nella nostra epoca, perciò volevamo riservare a questa categoria il suo spazio.

 

La parte testuale che accompagna un’immagine ha un ruolo fondamentale sulla storia stessa. Nel momento della valutazione del lavoro, viene valutata anche questa? E se si, come?

Nei primi due processi di scrematura le foto vengono scelte in base a criteri visivi ma, quando arriviamo ai passaggi di selezione successivi, il testo di accompagnamento diventa incredibilmente importante perchè il fotogiornalismo non esiste senza testo. Se non riesci a capire che cosa sta accadendo in un'immagine, il testo ti offre una visione completa di ciò di cui si sta parlando, perciò è davvero importante per la giuria per capire che cosa racconta quella storia. Soprattutto nelle storie e nelle immagini sviluppate in maniera più estetica, le didascalie spiegano cosa sta succedendo nelle immagini. E' una parte essenziale nel processo di selezione finale.

 

Può accadere che un concorrente abbia prodotto un lavoro eccellente dal punto di vista fotografico ma non sia stato in grado di gestire adeguatamente la parte testuale di accompagnamento? In quel caso, come vi comportate?

Lavoriamo con fotografi da ogni parte del mondo, questo significa che non tutti parlano inglese. Spesso mandano del materiale in lingue diverse e questo non è un problema, perciò, quando abbiamo le immagini finaliste, esaminiamo anche il testo per controllare che siano linguisticamente corretto in modo da poterlo distribuire ad un pubblico internazionale. Penso che non abbiamo mai squalificato nessuno per il fatto di non aver usato parole perfette o appropriate, ma abbiamo bisogno di essere sicuri che quello che dicono sia comprensibile, che i fatti siano riportati in maniera corretta e le informazioni siano veritiere: questo è importante, il contenuto. Per il resto, quando è necessario, provvediamo a correggere la struttura di alcune frasi.

 

Come è la tua vita di Sanne Schim van der Loeff come responsabile delle mostre del wpp?

E' davvero molto entusiasmante: il mio ruolo è quello di viaggiare insieme alle mostre, ovunque, di accertarmi che vengano installate nelle rispettive location, di curarle all'interno degli spazi, di essere qui e di parlare con le persone presentando ciò che facciamo. E' un ruolo davvero gratificante perchè io credo fortemente nel nostro operato, nella condivisione del fotogiornalismo con il mondo, valorizzando la libertà di espressione, cercando di portare avanti il tutto a livello mondiale. Abbiamo centinaia di persone che vengono all'inaugurazione il giorno dell'apertura della mostra, come oggi, mostrando un grande interesse, soprattutto qui a Milano: c'è una grande attenzione e questo è meraviglioso perchè mi conferma che ciò che facciamo, come Organizzazione, conta davvero. Essere in grado di condividere il fotogiornalismo è appassionante e stancante ma soprattutto, incredibilmente appagante.

 

Come interagisce wpp con i fotografi che sviluppano progetti a lungo termine?

Per noi è molto importante dar loro l'attenzione che meritano perciò, qualche anno fa, abbiamo annunciato l'apertura della sezione dedicata ai progetti a lungo termine in modo da garantire a questi fotografi uno spazio appropriato. Questa sezione si focalizza su progetti che vengono protratti per almeno 3 anni. I progetti che vengono inviati e che vincono questa categoria sono molto differenti tra di loro. Per esempio, quest'anno i lavori in mostra coinvolti nella categoria dei progetti a lungo termine riguardano, rispettivamente: le conseguenze personali delle sparizioni in Messico, la situazione in Venezuela e il patriottismo delle accademie militari in USA e Russia. Sono storie incredibilmente diverse e introdurre questa sezione ha riconosciuto il valore dei lavori di questi fotografi.

 

 

 

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