On the way to Mosul gates

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17 Ottobre 2016, il primo ministro iracheno Haider Al Abadi ha dichiarato l’inizio dell’offensiva di Mosul. Circa trentamila uomini hanno preso la rotta verso la città assediata il 10 Giugno 2014 dai combattenti dello Stato Islamico.
La strategia iniziale ha mosso da Sud di Mosul tredici reggimenti, tra i quali la trentasettesima e la nona brigata armata del Direttorato Anti-terrorismo. Dall’asse nord-est invece i peshmerga con due brigate accompagnate dalle milizie sciite
Al-Hashd al Shaabi e alla milizia cristiana Al-Hashd al Masehi.
Da Sud-Ovest hanno preso posizione la quindicesima e sedicesima brigata insieme ai reggimenti dell’anti terrorismo di Baghdad. In aggiunta a questo dispiegamento si son visti oltre ventiquattro mila poliziotti delle forze locali provenienti dall’altopiano di Nineve.
Sui lati della città assediata sono state scavate trincee, allestiti campi di comandado e retrovie fornite di aiuto medico e rifornimenti.
La tanto attesa offensiva, ha avuto inizio anche con il supporto della coalizione internazionale in special modo quella americana e francese. I combattenti dello stato islamico, di cui gran parte ex ufficiali di guerre passate, hanno implementato le loro difese incendiando i pozzi petroliferi per oscurare la visuale al nemico. Ufficiali Peshmerga e dell’esercito iracheno raccontano di aver trovato bombe artigianali in frigoriferi, fra le pagine dei libri, all’interno di giocattoli e in molte delle abitazioni che stanno bonificando.
I combattenti dello Stato Islamico hanno attaccato Kirkuk incendiando l’impianto di zolfo tra Qayyarah e Hamman al Alil, a settanta chilometri da Mosul. Durante i primi due mesi di offensiva, l'artiglieria peshmerga ha colpito i jihadisti su tre fronti: Tes
Jaraba a est, il monte Bashiqa a nord-est e Nawaràn.
I carri armati hanno fatto irruzione in Mosul da est e da nord potendo contare sull'appoggio della coalizione. Bashiqa è uno dei fronti più complicati e sensibili dove sono coinvolti numerosi attori: le forze curde Peshmerga divise in PDK e PUK,
l’esercito iracheno, le forze speciali irachene antiterrorismo (Golden Division) addestrate dagli americani, le milizie turcomanne ( Guardie di Niniveh) addestrate dai turchi,i soldati americani, l’esercito canadese ed esercito le truppe turche.
Nonostante l’accordo per cooperare nell’offensiva di Mosul tra il primo ministro iracheno Haider-al Abadi e Massud Barzani, presidente del Kurdistan, restano ancora zone d’ombra sul ruolo dei militari di Erdogan, il quale si è eletto “protettore” della comunità sunnita irachena. L’esercito turco ha inoltre addestrato i combattenti sunniti, la polizia di Ninive e ha inviato le proprie truppe nella regione di Bashiqa.
Dal 6 Gennaio 2017 le forze irachene sono ufficialmente entrate dentro la città di a Mosul, dopo quattro mesi dall’inizio di quella che doveva essere una rapida offensiva veloce. Dall’ingresso degli eserciti in opposizione a daesh anche il numero di morti
civili è aumentato.
Le forze armate irachene hanno reso noto di aver completato la liberazione della parte est e di controllare tutta la sponda orientale del fiume Tigri che divide la città a metà.
La parte occidentale rimane per il momento è ancora interamente in mano ai miliziani estremisti. allo stato islamico
In una situazione precaria come quella irachena, già provata da lunghi anni di conflitto, il rischio di una scelta politica sbagliata all’insediamento dopo la liberazione è altissimo. Le diverse milizie regolari ed irregolari sono a volte incompatibili tra di
loro e i militari spesso vorrebbero sostituirsi alla legge.
Una divisione che, ancora una volta, riflette gli errori del passato separando le persone in base al credo religioso anzichè unirle in nome di una battaglia contro un nemico comune.
Sono ancora tante le domande che rimangono senza una risposta: chi governerà Mosul una volta liberata? Quanto tempo ci vorrà per mettere in sicurezza una città che sarà lasciata gravida da centinaia di sistemi esplosivi autocostruiti ? Chi realmente potrà far ritorno nelle proprie case e chi, invece, e come sarà respinto e giudicato per essersi alleato agli uomini del Califfato? Ed infine, in che modo la giustizia farà il suo corso?
Mosul è la città da cui l’esercito iracheno, nel giugno del 2014, si è ritirato abbandonando la popolazione civile inerme e dove molti soldati disarmati sono stati uccisi da daesh, fomentando la divisione settaria e la mobilitazione delle milizie sciite. A Mosul, la maggior parte delle minoranze – assiri, caldei, ezidi, turcomanni, shabak – hanno abbandonato la città e ritorneranno solo se si sentiranno sicure e protette.
Il controllo sulle milizie irachene da parte del governo centrale, una volta avviata l’offensiva, sembra essere stato inefficiente. Nel 2014 in Sinjar gli uomini della comunità yazida furono disarmati dai soldati curdi-iracheni in cambio di protezione.
All’arrivo dei combattenti dello stato islamico i soldati sono fuggiti lasciando la comunità yazida senza difese e in balia degli eventi, con risultati poi catastrofici. Amnesty International ha riportato nel 2015, un rapporto che denuncia crimini di
guerra da parte di gruppi sciiti ai danni di sunniti.
La perdita di Mosul non segnerà una vera e propria sconfitta per il Califfato in Iraq ma, in un ipotetico scenario futuro, potrà aprire le porte a nuovi gruppi in grado di sfruttare la frammentazione del popolo iracheno.
 
Fotografie e testo di Arianna Pagani
www.ariannapagani.com
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